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Luca Mazzanti: “Mazzanti Automobili? Il simbolo di un’identità artigianale italiana!”

Abbiamo parlato di Mazzanti Automobili con il fondatore del marchio, Luca Mazzanti, che ha provveduto a illustrarci la vision aziendale della Casa di Pontedera e l’artigianale essenza delle sue hypercar

Pontedera – Prosegue il nostro viaggio all’interno dell’universo Mazzanti. Dopo aver osservato nel dettaglio come nasce una hypercar di Pontedera all’interno dell’atelier del marchio Mazzanti Automobili, parliamo ora di questa realtà con il suo fondatore, ovvero Luca Mazzanti, un imprenditore che è prima di tutto un grande appassionato di automobili e che ha dedicato la sua vita a dare forma a un sogno: un sogno fatto di artigianalità, estro, creatività e – prima di ogni altra cosa – made in Italy. A spiegarci la vision aziendale di questo marchio apprezzato e riconosciuto in tutto il Mondo, nonché estremamente ambito da una nuova classe di collezionisti, è infatti ora proprio la persona di cui il brand ne porta il cognome e che ha trasformato questa visione nella Evantra, una vettura che nasce per stupire, emozionare e divertire. E che segue le indicazioni del cliente in base alle proprie specifiche richieste nel corso di tutto il processo di costruzione, coinvolgendo così lo stesso all’interno di un’esperienza che mira a farlo divenire parte di un insieme molto più ampio e non un “semplice” possessore di hypercar. Ma vediamo tutto questo nel dettaglio…

L’artigianalità di un prodotto esclusivo e estremamente distintivo è al centro della filosofia Mazzanti Automobili. La mission? Restituire al cliente un prodotto unico e in grado di richiamare alla mente un concetto che era già vivo in Italia negli anni ’50: l’automobile come segno identificativo

Qual è il futuro di Mazzanti Automobili?

Nel futuro punteremo semplicemente a rafforzare quanto fatto sino ad ora. Migliorandoci costantemente. Perché la costanza è necessaria non solo a livello aziendale ma anche a livello umano: se una persona ha lo stimolo di migliorarsi e di crescere ogni giorno, lo fa nella quotidianità e anche in azienda. Chiaramente per un imprenditore che ha un’azienda come questa l’obiettivo è quello di crescere. Crescere mantenendo però la propria identità: è quella la cosa importante. Ci ho messo un po’ di anni a potermi ricavare la mia nicchia, la mia identità in questo mondo: un mondo che sapete essere molto difficile e fatto di brand grandi, potenti e storici. Noi siamo arrivati a ricavarci la nostra posizione e puntiamo a rafforzarla mantenendo la nostra identità, ovvero quella di lavoratori artigianali: questa per me è la prerogativa finché tutto sarà sotto il mio controllo. Finché ci sarò io sicuramente il marchio proteggerà quella che è l’idea iniziale e che mi ha portato a fondarlo, ovvero di creare qualcosa che c’era in tantissime aziende in Italia negli anni ’50: da Zagato a Pininfarina. Sì, loro ovviamente sono carrozzieri, mentre noi siamo costruttori, però l’idea è quella di puntare sull’artigianalità. Di creare oggetti veramente su misura per delle persone e di mantenere quindi una produzione limitata in un’azienda capace di vantare al proprio interno competenze vere: senza un turnover di persone che ‘girano’ per realizzare la produzione. Ci sono persone che dedicano a questo mondo la propria passione, il proprio tempo e le proprie risorse allo scopo di creare degli oggetti che abbiano un valore aggiunto e che non siano solo delle macchine. Degli oggetti che siano il frutto di una visione – che è la mia – di una passione e di una competenza che arriva da lontano. Noi seguiamo le vetture con il cliente in modo da permettergli di sentirsi partecipe di un’esperienza e non solo il compratore di un’automobile. E questo è quel che cercheremo nei prossimi anni di migliorare, di implementare e di rafforzare. I numeri cresceranno un pochino, ma non tantissimo, perché ci siamo imposti una produzione annua veramente limitata”.

Luca Mazzanti accanto agli uomini del Team Cetilar Villorba Corse che ha gareggiato a Le Mans quest’anno centrando ottimi risultati con un team tutto italiano e una LMP2 firmata Dallara con partnership tecnica Mazzanti. Alle loro spalle la Evantra 771

Una scelta che mira a restituire quindi al cliente maggior qualità, giusto?

Maggior esclusività, esattamente. Il nostro brand è un marchio in grado di suscitare molto interesse ed è molto dinamico: basta guardare le diverse attività in cui siamo coinvolti per capire che viviamo questo mondo veramente a 360°. Ieri eravamo alla 4 Ore di Monza con la Dallara della Cetilar Villorba Corse – di cui siamo partner – e abbiamo avuto la possibilità di vivere un’esperienza molto bella sotto il profilo emozionale, ma anche e soprattutto tecnica per i feedback che ci ha portato. Tutto ciò che ruota intorno a questo mondo qua, che ci appassiona e che ci restituisce visibilità cerchiamo di ‘sfruttarlo’ al meglio, proteggendo però la nostra identità”.

Che emozioni ha provato quando ha visto uscire da qui il primo esemplare dell’Evantra?

È stato po’ diverso da come uno se lo immaginerebbe. O per lo meno, per me. Io ho vissuto questa esperienza in maniera un po’ graduale, perché frutto di costanti passaggi. Non è un figlio, che lo si osserva crescere giorno dopo giorno dentro la pancia della mamma e che quando nasce e lo vedi per la prima volta: Evantra è composta da 3.600 componenti e da ore e ore di tempo passate a svilupparli e a idearli. È un puzzle: si arriva in fondo avendolo vissuto pezzo per pezzo. Quando si arriva in fondo chiaramente l’emozione è bella, però è stata vissuta giorno per giorno: non c’è mai stato un ‘trauma’ vero e proprio in tutto questo. Un’emozione forte è stata invece la prima volta in cui mi ci sono seduto dentro, quando l’auto inizia a girare, o quando la si è potuta osservare fuori dal contesto dell’azienda. Questo mi succede tutte le volte: finché le auto stanno qua non ne sento l’effetto. È quando escono dal cancello e girano l’angolo che provo sempre un’emozione forte, perché per me è vederla fuori da qua”.

La Evantra Prototype in azione su strada con Luca Mazzanti alla guida e il nostro Riccardo Banfo di Motori Di Lusso al suo fianco. Questa vettura sta sperimentando una serie di inedite soluzioni da trasportare tanto su Evantra quanto sulla Millecavalli. Una vettura davvero esuberante che non passa inosservata e di cui vi parleremo nel dettaglio nelle prossime settimane grazie ad un video esclusivo all’interno di un servizio dedicato

Ci può parlare della collaborazione con Dallara? Come è nata?

È nata da un’amicizia tra me e Roberto Lacorte. Roberto è un imprenditore di Pisa, appassionatissimo e ‘malato’, come me, di automobili. Lui aveva sentito parlare di me e della mia azienda da un po’ di anni. Da questa stima reciproca è nata l’idea di un team completamente italiano a Le Mans. Un ‘traino’ in più per poter dire: ‘noi siamo qua. Tu hai una eccellenza nel mondo delle hypercar: perché non fare questo percorso insieme e darci quindi qualcosa a vicenda?’ Da lì è nata un’amicizia e abbiamo scoperto di avere anche un approccio molto simile al mondo degli affari: vivere le cose con molta passione e mettendoci l’anima al di là dei conti. È nata così, in maniera molto ‘empatica’ e naturale. Adesso la stiamo coltivando e portando avanti. È nata così, da persona a persona: da appassionati”.

In foto: il prototipo LMP2 firmato Dallara con partnership tecnica Mazzanti Automobili portato in gara alla 24 Ore di Le Mans 2017 dal Team Cetilar Villorba Corse. La vettura ha ottenuto grandi risultati nella più celebre corsa endurance del Mondo e ha permesso a Mazzanti Automobili di implementare il proprio know-how tecnico insieme ad un partner con cui la Casa di Pontedera già lavora 

La Dallara sta sviluppando una supercar stradale… Farete parte di questo progetto anche voi?

Noi con Dallara lavoriamo già in quanto nostro fornitore. Faremo a breve un lavoro di sviluppo con loro per le sospensioni. Dallara è fornitore della vettura a Cetilar Villorba Corse. Noi non abbiamo una collaborazione direttamente con Dallara come produttore. Ci ‘incrociamo’ perché abbiamo una collaborazione in essere con il Team che sviluppa la macchina e loro sono dentro. Poi ripeto: noi andremo da loro per sviluppare le sospensioni, quindi è una collaborazione che prende diversi aspetti. Dallara sta facendo la sua macchina, ma noi non abbiamo nulla a che fare con questo progetto”.

La 771 com’è nata? Sempre dalla richiesta di un cliente come la Millecavalli?

La 771 è un po’ un anello di congiunzione tra la Evantra e la Millecavalli. Anche la 771 è nata dall’esigenza di un cliente: una di quelle esigenze che ci stimolano moltissimo e che ci vengono richieste continuamente. Evantra è un’automobile su misura: quando viene un cliente molto speso questo ha un’idea. In questo caso l’idea era quella di realizzare un oggetto ancora più esclusivo, con dei richiami di stampo sportivo alla Millecavalli ma senza che ne scimmiottasse il concetto: non abbiamo messo qualche pezzo della Millecavalli sulla Evantra ‘standard’. La 771 non condivide niente con l’Evantra ‘standard’ e con la Millecavalli. È un progetto a sé stante che ha richiesto un implemento prestazionale di +20 CV rispetto a quelli sviluppati dall’Evantra ‘standard’”.

Sia Evantra 771 che Evantra Millecavalli sono il frutto delle richieste di due clienti molto diversi tra loro: il primo cercava un prodotto caratterizzato da una connotazione estetica molto marcata, mentre il secondo una vettura estrema e “maschia” marcatamente vocata al racing. Entrambi i prodotti permettono di capire quanto Evantra sia un’auto estremamente personalizzabile in base alle richieste del cliente.

Quindi le richieste che i clienti fanno più spesso sono più orientate alla prestazione che all’estetica?

Non c’è uno standard. I nostri clienti sono molto diversi l’uno dall’altro. Il primo cliente della Millecavalli è uno ‘smanettone’: guarda molto alla prestazione. Gli piace la macchina cattiva, ispirata alle corse e guarda meno al comfort. Più sta scomodo, più è contento: gli abbiamo fatto il sedile su misura e ancora non ho capito come possa starci seduto (dice sorridendo, ndr). La 771 è stata invece richiesta da un altro tipo di cliente, che ha un concetto di stile e personalizzazione molto marcato. Ci siamo quindi concentrati su una maggiore ricercatezza estetica anziché meccanica. Ognuno ha le proprie richieste e le proprie esigenze”.

Come vi è venuta l’idea delle portiere con apertura controvento?

Sono identificative del nostro marchio. Qualcuno ha provato a farle simili negli anni, ma con risultati un po’ diversi… È un’idea mia: un progetto e una competenza che abbiamo internamente in azienda (come praticamente il 90% della vettura). Deriva dal mio passato: io ho restaurato e sistemato auto storiche per tanti anni. Un concetto che a me piace usare per ottenere un’apertura obliqua (a differenza di quanto si vede su una Rolls-Royce) in modo da avere qualcosa di scenografico da vedere (perché chi compra una vettura del genere vuole qualcosa di esclusivo). Mi piaceva l’idea di avere queste due ali aperte (e quindi di vedere il pannello porta dal fronte) che simulassero un rapace mentre questo ‘picchia’ sulla preda. Questo concetto era già presente sulle automobili che amo, ma è stato rielaborato in chiave più moderna ed esclusiva. E poi c’è anche un aspetto ergonomico molto importante: la facilità di richiudere la portiera. È una cosa che sorprende, perché siamo abituati ad avere lo sportello che si apre davanti e questo ci costringe (anche con l’apertura a forbice) a fare movimenti con la schiena molto ‘invasivi’ e a sentirsi quasi cadere dalla vettura. Qua si entra al contrario: l’unico sforzo che si fa è quello di scavalcare il brancale. Una volta fatto questo si scivola dentro e lo sportello viene trascinato a chiudersi senza spostare la schiena dal sedile: un concetto ergonomicamente molto più comodo rispetto a tante altre soluzioni e che stiamo cercando di evolvere lavorando sulla scorrevolezza, dato che abbiamo le cerniere su cuscinetti. È un lavoro grosso che restituisce un risultato identificativo e che ci ha inoltre permesso di poter contenere le masse dello sportello posizionando il telaio in alto: lo scatolato corre lungo il brancardo ed è unito da montante B e A (con il telaio tubolare ‘affogato’ dentro alla scocca). In caso di urto laterale c’è una vera protezione del telaio. Lo sportello di solito sulla vettura arriva in fondo e presenta una zona di torsione telaistica: quel che ti protegge è una barra al suo interno. Qui lo sportello non è dotato di una barra, ma di un telaio”.

Le portiere con apertura controvento verso l’alto sono un segno identificativo di Mazzanti Automobili. Rappresentano il frutto di un lungo lavoro di sviluppo volto a migliorare l’ergonomia a bordo e fanno parte del know-how maturato internamente all’azienda. La loro fonte di ispirazione? I rapaci che “picchiano” sulla preda e le vetture del passato!

Non vogliamo nemmeno pensare alla fatica per le omologazioni…

Costante. Perché poi andiamo sempre a implementare tutto. È veramente un grosso lavoro che non si vede, ma è probabilmente uno dei più impegnativi nello sviluppo di una vettura”.

Quali sono state le fonti d’ispirazione per la realizzazione della Evantra?

Lo stile è un po’ strano perché io ho dei gusti stilistici abbastanza diversi da quelli della media, nel senso che mi si sono formati negli anni, sin da quando da bambino sognavo di divenire un costruttore di hypercar. Dopo ho amato automobili da rally, come la Lancia Stratos e la 037. Ho amato le supercar completamente diverse da questa come la Countach e allo stesso tempo ho sempre nutrito una passione spropositata per le Gruppo C e per le vetture di Le Mans. Restaurando soprattutto automobili da corsa degli anni ’50 e ’60 ti trovi a osservare delle linee che erano veramente innovative a quei tempi: io restaurai la Maserati 450S di Stirling Moss – il Mostro – restaurai la Ferrari Mondial, la Cisitalia 202 (ne ho fatte 4/5). Le forme arrotondate e sinuose poi mi sono entrate dentro perché le ho battute sull’alluminio, le ho accarezzate e riportate al loro originario splendore. Evantra è un po’ un connubio stilistico di tutti gli imput che ho avuto durante il mio percorso. Concettualmente volevo una vettura che fosse sì potente, ma con un passo relativamente corto per poter essere maneggevole. Io odio le vetture con il muso corto e la coda lunga e con un passo esagerato. Amo le strade collinari toscane. La cosa per me più bella è poter guidare l’Evantra su queste strade. Quindi ho mantenuto un passo corto – 2.55 metri – quello della Bugatti EB110: la dimostrazione che le vetture così possono avere prestazioni incredibili. Per fare questo abbiamo mantenuto il motore molto vicino all’abitacolo e lo abbiamo abbassato tantissimo (di solito le supercar a motore centrale hanno il serbatoio tra il parafiamma e il motore). Qui abbiamo il motore spostato in avanti e il serbatoio sopra i piedi: il che ci ha permesso di centralizzare le masse e di avere una vettura molto bilanciata. La distribuzione dei pesi è 44/56. Sulla Millecavalli arriveremo probabilmente a 50/50 perché abbiamo portato davanti il serbatoio dell’olio e altre masse, quindi la vettura è estremamente maneggevole e veloce in curva. Io volevo questo: una vettura che avesse tanti CV ma con cui potersi godere anche le curve e i tratti in cui i CV non si ha la possibilità di scaricarli tutti”.

Sono state tantissime le contaminazioni stilistiche di cui Evantra “sente le influenze” e tutte legate alla storia personale di Luca Mazzanti, grande appassionato di automobili tanto d’epoca quanto moderne. Evantra è infatti un prodotto unico, connotato da stilemi a tratti retrò ma concettualmente moderno. Una vettura che stupisce e che ha prima di ogni cosa un solo grande obiettivo: emozionare

È più richiesto il cambio manuale o l’automatico?

Il robotizzato. Il manuale oramai ha fatto il suo tempo. Nonostante ci siano molti puristi, su questo tipo di vetture per il momento si preferisce l’automatico. L’Evantra è vista come un’auto per appassionati ma concettualmente moderna. Anche io che amo il cambio manuale con i paddles mi trovo molto bene. Poter tenere entrambe le mani sul volante con tutti questi CV qua non è una cosa indifferente. Anche il primo cliente della Millecavalli è un amante del manuale però qui ha preferito un sequenziale (non un robotizzato) sviluppato appositamente per la Millecavalli e dotato di un’attuazione molto particolare. Anche il cambio è un aspetto molto importante per queste vetture, dovendo sopportare valori di coppia estremamente elevati (nel caso della Millecavalli si parla di 1.200 Nm)”.

Nonostante la presenza di tantissimi puristi, la Mazzanti Evantra viene prevalentemente richiesta con cambio automatico e paddles al volante. Il motivo? Massimizzare l’efficienza di guida per permettere al pilota di godere appieno di tutti i CV di cui il motore dispone. Un obiettivo che si centra naturalmente in maniera più facile quando le mani non vengono allontanate dallo sterzo e dalla sacra posizione dell 9:15

In merito alla realtà Mazzanti Automobili e alla sua filosofia abbiamo provveduto a dirvi tutto dunque. Non ci resta che invitarvi a salire con noi a bordo della Evantra Prototype nel corso del prossimo speciale dedicato al costruttore di Pontedera. Continuate a seguirci nei prossimi giorni per vivere un’esperienza davvero incredibile!

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