Porsche 918 Spyder | The Holy Trinity – PARTE 3
Un asse posteriore sterzante che riduce o allunga il passo, in movimento, in base alle necessità. Pneumatici sviluppati per superarne la sfida derivante da questa e altre difficoltà. Proseguiamo nella nostra serie di racconti dedicati alla cosiddetta ‘Holy Trinity’ con la storia della Porsche 918 Spyder. Buona lettura!
Spesso è quella che passa più ‘sottotono’ delle hypercar che compongono la cosiddetta ‘Holy Trinity’. E questo solo perché le altre due sono la McLaren P1 e la Ferrari LaFerrari. Ma il fatto che sia quella di cui spesso si parli di meno all’interno di questa ‘trilogia’ non la rende certo meno importante. Anzi. La Porsche 918 Spyder è quel che si suol definire ‘un’arma da pista’ a tutti gli effetti. Certo, non ha la bellezza eclatante della Rossa di Maranello, né il carattere (e lo styling) estremo dell’iper-sportiva di Woking, ma ciò nonostante, come direbbe Lucius Fox in Batman Begins: “la belva se la cava bene”. Non ti colpisce dritta al cuore fin da subito come fanno l’italiana e l’inglese, ma una volta che la noti ti pervade l’animo e pian piano ti fa innamorare di lei. Te ne innamori perché in fin dei conti Porsche è Porsche e perché, a discapito del suo stile più ‘sobrio’ rispetto alle due rivali, nasconde tutta l’anima brutale che ci si attenderebbe da un’hypercar made in Zuffenhausen. E a parlare per lei è un tempo di 6 minuti e 57 secondi (ottenuto con pacchetto Weissach) sulla Nordschleife del Nürburgring (battendo di ben 14 secondi il record precedente), il che la dice lunga sulle incredibili reali capacità di questa incredibile ed estrema supersportiva ibrida. Ma facciamo un salto indietro. Tra le auto della ‘Holy Trinity’ fu l’unica a non debuttare in società al Salone dell’Automobile di Ginevra del 2013 (dove venne però anticipata da un concept tre anni prima). La 918 Spyder venne infatti presentata – sempre quell’anno – all’IAA di Francoforte. Il suo (ambizioso) obiettivo? Essere tanto performante quanto fruibile e sostenibile: consumi ed emissioni la certificarono infatti in classe A+. Addirittura, con il pacchetto Weissach, i consumi totali nel NEDC erano pari a 3.0 l/100 km (3.1 l/100 km senza il pacchetto Weissach) a fronte di emissioni di CO₂ di 70 g/km (72 g/km senza il pacchetto Weissach). Il livello di consumo energetico è stato determinato in 12,7 kWh/100 km durante il ciclo di approvazione. Perché precisare tutto questo? Per ben comprendere quanto Porsche avesse messo l’usabilità della vettura al centro del progetto 918. Sì, perché se un’hypercar come questa è scontato che sia incredibilmente performante, non lo è altrettanto il fatto che sia comodamente utilizzabile. Questa la vera sfida che Stoccarda voleva superare: disporre di una trazione ibrida mai vista prima su questo tipo di vettura. E ovviamente ci riuscì.

Struttura e modalità di guida: tanto cittadina quanto racing
Ma partiamo dalle origini. La 918 Spyder venne fortemente influenzata – nel suo sviluppo – dall’impegno della Casa di Weissach nel motorsport. Molte delle soluzioni adottate poi sulla vettura impegnata nel WEC nel 2014 vennero infatti prima utilizzate sulla 918. La struttura sfrutta un rolling chassis (ovvero un telaio senza carrozzeria): una soluzione standardizzata sulle Porsche da corsa. Il design del motore V8 si basa su quello della vettura da corsa Le Mans Prototype 2 (LMP2), la RS Spyder, mentre le strutture monoscocca e i telai portanti sono realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP). La vettura dispone di una particolare trazione integrale, che combina motore a combustione e motore elettrico sull’asse posteriore ad un secondo motore elettrico sull’asse anteriore (un concept già elaborato nel motorsport sulla 911 GT3 R Hybrid). La trazione anteriore – controllabile singolarmente – consente di utilizzare nuove strategie di guida, soprattutto per velocità estremamente elevate ma sicure in curva. Inoltre la strategia “boost” gestisce l’energia della trazione elettrica in maniera intelligente allo scopo di sfruttare la potenza. In sostanza, l’idea era quella di permettere anche ai driver senza esperienza sportiva di sfruttare il potenziale di una dinamica longitudinale e trasversale avanzata. Il ricorso a questa architettura venne quindi pensato per restituire un’elevata fruibilità che potesse essere garantita dalle diverse modalità di guida tramite distribuzione della potenza su tre propulsori, tutti integrati e controllati tramite un sistema di gestione intelligente. Cinque quindi i driving mode (attivabili tramite selettore al volante) disponibili: “E-Power”; “Hybrid”; “Sport Hybrid”; “Race Hybrid” e “Hot Lap”. Inoltre utilizzando la modalità preselezionata, la 918 Spyder applica la strategia di funzionamento e di boost più adatta senza ulteriori interventi da parte del conducente, consentendogli così di concentrarsi completamente sulla strada. All’istante dell’accensione la modalità “E-Power” è selezionata come modalità operativa predefinita (purché la batteria sia sufficientemente carica). A seconda del livello di carica della batteria è possibile percorrere dai 16 ai 32 km in modalità full EV. Ed anche in tale condizione lo 0-100 viene coperto con un discreto sprint: meno di 7”. Mentre la velocità massima promessa è di 150 km/h. In questo driving mode il motore a combustione viene chiamato in azione solo quando necessario, ovvero quando lo stato di carica della batteria scende al di sotto di un livello minimo impostato. In tal caso la vettura attiverà automaticamente la modalità ibrida. La modalità “Hybrid” fa invece sì che motori elettrici e unità termica lavorino alternativamente con l’obiettivo di massimizzare l’efficienza e minimizzare quindi il consumo di carburante. La potenza erogata viene adattata alla condizione di guida e alla richiesta prestazionale. Se sono richieste prestazioni più dinamiche, i propulsori passano alla modalità “Sport Hybrid”: il motore a combustione funziona ora ininterrottamente, rappresentando la principale forza propulsiva. I motori elettrici vengono attivati solo per supportare l’accelerazione tramite la funzione di boost elettrico, oppure negli istanti in cui il funzionamento del motore a combustione può essere ottimizzato per una maggiore efficienza. “Race Hybrid” è la modalità pensata per restituire le massime prestazioni, allo scopo di restituire un’esperienza di guida particolarmente sportiva. Il motore a combustione interna viene utilizzato principalmente sotto carico elevato e ricarica la batteria quando il guidatore non richiede la massima potenza. Anche in questa modalità, i motori elettrici forniscono un supporto aggiuntivo sotto forma di boost. Anche le logiche di cambiata del cambio a doppia frizione PDK sono pensate per restituire una guida ancora più sportiva e i motori elettrici vengono utilizzati fino al limite massimo della loro potenza. In questa modalità, lo stato di carica della batteria non viene mantenuto costante, ma oscilla lungo l’intero intervallo di carica. A differenza che nella modalità “Sport Hybrid”, qua i motori elettrici funzionano al limite massimo di potenza per un breve periodo per migliorare le prestazioni di boost. Questo aumento di potenza è compensato dal fatto che il motore a combustione interna ricarica la batteria in modo più intensivo. Il boost di potenza elettrica è quindi sempre disponibile per il guidatore, anche per diversi giri molto veloci. Dulcis in fundo la modalità “Hot Lap” (che viene attivata da un pulsante posto al centro del selettore), che libera le ultime riserve della vettura e che può essere attivato solo in modalità “Race Hybrid”. Come in una vera e propria modalità di qualificazione, spinge la batteria di trazione ai suoi limiti di potenza massima per alcuni giri veloci. Questa modalità utilizza tutta l’energia disponibile nella batteria.
Un po’ di tecnica: 132 CV/l e un sistema di trasmissione estremamente raffinato
Ovviamente il protagonista assoluto, anche sulla Porsche 918 Spyder, rimane l’unità termica, costituita da un 8 cilindri a V da 4.6 litri da solo capace di 608 CV di potenza (che trova la sua base concettuale in quello impiegato sulla RS Spyder che fu impegnata nel Campionato Endurance) e capace di un mostruoso regime di rotazione massimo di 9.150 giri/min, nonché di 132 CV/litro (26 CV/litro in più rispetto alla Carrera GT), rendendolo all’epoca il motore Porsche aspirato con la potenza specifica più elevata di sempre. E come sappiamo tutti, anche la sonorità allo scarico concorre nell’esperienza di guida. Ed evidentemente dovevano saperlo molto bene anche a Weissach, dal momento che il costruttore tedesco installò qui i cosiddetti “top pipes”, ovvero dei terminali di scarico che terminano direttamente sopra il motore, nella parte superiore della parte posteriore, proprio per restituire ancora maggior coinvolgimento nella guida a tetto aperto (oltre che per veicolare i flussi d’aria calda direttamente verso il profilo alare). Il motore termico è accoppiato al modulo ibrido, poiché la vettura è progettata come un ibrido parallelo. Il modulo ibrido comprende essenzialmente un motore elettrico da 115 kW e un disaccoppiatore che funge da collegamento con il motore a combustione. Grazie alla sua configurazione ibrida parallela, la 918 Spyder può essere azionata all’asse posteriore sia individualmente dal motore a combustione o da quello elettrico, sia tramite entrambi i motori contemporaneamente. Come tipico delle supersportive Porsche, il gruppo propulsore della 918 Spyder è posizionato davanti all’asse posteriore e non ha un collegamento meccanico diretto con l’asse anteriore. Un cambio a doppia frizione PDK a sette rapporti gestisce invece la trasmissione della potenza sull’asse posteriore. Inoltre è presente un altro motore elettrico indipendente che genera circa 95 kW di potenza sull’asse anteriore. Questo aziona le ruote con un rapporto di trasmissione fisso. Un disaccoppiatore disaccoppia il motore elettrico ad alte velocità per evitare che vada fuori giri e la coppia motrice è controllata in modo indipendente per ciascun asse. L’energia per i motori elettrici viene accumulata da una batteria agli ioni di litio raffreddata a liquido, composta da 312 celle singole con una capacità di circa 7 kilowattora. La batteria è progettata per restituire elevatissime prestazioni sia in termini di ricarica che di potenza, consentendole di soddisfare i requisiti prestazionali del motore elettrico. La capacità di potenza e la durata della batteria agli ioni di litio dipendono da diversi fattori, tra cui le condizioni termiche. Per questo motivo la stessa è raffreddata a liquido tramite un circuito di raffreddamento dedicato. Per la 918 Spyder, Porsche sviluppò un inedito sistema con un’interfaccia di ricarica plug-in e un potenziale di recupero migliorato per la ricarica della batteria. Ad esempio, con la rete elettrica tedesca a 230 Volt, la batteria di trazione può essere ricaricata in 4 ore collegando il caricabatterie in dotazione a una presa di corrente con fusibile da 10 ampere. La stazione di ricarica rapida veniva proposta in via opzionale e consentiva la ricarica completa in poco meno di 25 minuti. Il tutto per dire che la 918 Spyder metteva sul piatto la bellezza di un complessivo di 887 CV di potenza e 1.280 Nm di coppia, il tutto per uno 0-100 km/h in 2.8″ e uno 0-200 km/h in 7.7″ senza il pacchetto Weissach.
Asse posteriore sterzante e pneumatici con uno sviluppo apparentemente impossibile
A sublimare la straordinaria dotazione tecnica di questa raffinatissima hypercar ibrida è un telaio multilink ispirato a quello delle auto da corsa e che viene a sua volta completato dal sistema di ammortizzatori adattivi Porsche Active Suspension Management (PASM) e dall’asse posteriore sterzante, che è essenzialmente un sistema di regolazione elettromeccanica per ciascuna ruota posteriore. Questa regolazione è sensibile alla velocità, consentendo angoli di sterzata fino a 3° in ciascuna direzione. Cosa significa tutto ciò? Significa che l’asse posteriore può essere sterzato nella stessa direzione o in direzione opposta a quella delle ruote anteriori. Alle basse velocità il sistema sterza le ruote posteriori in direzione opposta a quelle anteriori, con l’effetto di accorciarne il passo. Questo allo scopo di restituire un inserimento in curva più veloce e preciso, riducendo il diametro di sterzata. A velocità più elevate il sistema sterza le ruote posteriori nella stessa direzione di quelle anteriori, con l’effetto di allungarne il passo e con l’obiettivo di incrementare la stabilità del retrotreno nei cambi di direzione rapidi. Di pari passo con queste caratteristiche dinamiche è quindi andato anche lo sviluppo degli pneumatici specificatamente sviluppati per questa vettura. Una sfida non indifferente, in quanto le coperture dovevano infatti essere in grado di restituire aderenza e maneggevolezza praticamente su ogni tipologia di strada percorribile, pista compresa (una condizione quest’ultima che richiede la minima resistenza al rotolamento possibile). Pertanto gli uomini della Michelin dovettero lavorare fianco a fianco con il team di sviluppo di Zuffenhausen per dare luce ad un prodotto che si concretizzò nei Michelin Pilot Sport Cup 2 (per dare un’idea della portata dell’impresa affrontata, basti pensare che in fase di collaudo vennero prodotti e testati complessivamente 550 prototipi di pneumatici, a cui si aggiunsero 400 prototipi di pre-produzione e 200 esemplari di prova in serie prima che Porsche desse l’approvazione definitiva), che calzano la 918 Spyder nelle misure 265/35 ZR 20 davanti e 325/30 ZR 21 dietro.
Aerodinamica attiva raffinata e esperienza in abitacolo
Impossibile però parlare di una vettura di questo calibro senza considerare anche l’attenzione rivolta al comparto aerodinamico. Porsche Active Aerodynamic (PAA, per gli amanti degli acronimi). Dietro a questa definizione si nasconde tutto il core dell’efficienza aerodinamica della Porsche 918 Spyder, ovvero un insieme di elementi regolabili per restituire una risposta variabile in base alle condizioni di guida. Il sistema lavora su tre fasi, passando automaticamente dall’efficienza ottimale alla massima deportanza e interagendo con le modalità operative della trazione ibrida. In modalità “Race”, l’alettone posteriore retrattile si imposta su un angolo di incidenza elevato per generare elevata downforce sull’asse posteriore. Anche lo spoiler – collocato tra i due supporti dell’alettone sul bordo di uscita – si estende. Due alette regolabili si aprono nel sottoscocca davanti all’asse anteriore, indirizzando parte dell’aria nei canali del diffusore per generare effetto suolo e sviluppare quindi carico verticale davanti. In modalità “Sport” il sistema riduce leggermente l’angolo di attacco dell’alettone posteriore, consentendo una maggiore velocità massima. Lo spoiler rimane esteso, ma le alette aerodinamiche nel sottoscocca si chiudono, riducendo la resistenza aerodinamica e aumentando così la top speed. In modalità “E” invece, il sistema si concentra esclusivamente sulla riduzione della resistenza aerodinamica: l’alettone posteriore e lo spoiler sono retratti e i flap sottoscocca sono chiusi. Le prese d’aria regolabili sotto i fari principali completano l’aerodinamica attiva. A vettura ferma e in modalità “Race” o “Sport”, le prese d’aria vengono aperte per consentire il massimo raffreddamento. In modalità “E-Power” e “Hybrid”, le prese d’aria si chiudono non appena la vettura si mette in marcia per ridurre al minimo la resistenza aerodinamica e non vengono riaperte fino a quando la vettura non raggiunge una velocità di circa 130 km/h o quando le esigenze di raffreddamento sono maggiori. Compresi a questo punto messa a punto, powertrain e dotazione aerodinamica (che ne ha ovviamente influenzato il design esterno), è il momento di fare un salto a bordo. Come facile immaginare, è il guidatore ad essere messo al centro dell’esperienza in abitacolo, che viene quindi suddiviso in due sezioni principali: la prima comprende i comandi importanti per la guida e sono ovviamente raggruppati intorno al volante e combinati alle informazioni dedicate al conducente, che vengono mostrate sulla strumentazione a tre indicatori tondi. La seconda comprende il blocco infotainment alloggiato nella consolle centrale rialzata, originariamente introdotta sulla Carrera GT. Sistemi come il climatizzatore, la regolazione degli spoiler, l’illuminazione e il Porsche Communication Management (PCM), insieme all’impianto audio Burmester High-End, possono essere gestiti tramite le funzioni di controllo multi-touch presenti sul display Black Panel. E come il nome Spyder lascia immediatamente intuire, anche l’emozione di avere il vento tra i capelli è stata messa tra gli elementi centrali a cui riservare attenzione nell’esperienza di guida di questa vettura. E per goderne appieno è sufficiente rimuovere i due pannelli in plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP) che costituiscono il tetto per godere dell’emozione en plein air. Questi, possono essere riposti nel vano bagagli da 100 litri situato nella parte anteriore dell’auto.
Per gli incontentabili: il pacchetto Weissach. Ma ora: who’s next?
E come logico aspettarsi da una buona Porsche, anche la 918 Spyder poteva essere equipaggiata con il mitico pacchetto Weissach – pensato per alzare ulteriormente l’asticella prestazionale di questa già esageratissima hypercar – e che si compone di cerchi in magnesio superleggeri (che si pongono l’obiettivo di ridurre le masse non sospese alleggerendo la vettura di ben circa 35 kg), di cinture di sicurezza a sei punti, di un rivestimento opzionale in pellicola in luogo della verniciatura (anche qua allo scopo di ridurne il peso) e di ulteriori componenti aerodinamiche in fibra di carbonio lasciata libera alla vista. A rendere riconoscibile la presenza di tale dotazione sono inoltre delle colorazioni speciali ispirate dalle vetture da corsa della Casa tedesca. Ovviamente il tutto si traduce anche in un incremento delle performance. Grazie al pacchetto Weissach l’auto accelera ora da 0 a 100 km/h in soli 2.6 secondi (-0,2 secondi), da 0 a 200 km/h in 7.2 secondi (-0,5 secondi) e supera i 300 km/h in 19.9 secondi (-2,1 secondi). Un incremento di performance sensibile anche nella sola modalità elettrica: senza tale pacchetto infatti l’hypercar di Zuffenhausen scatta da 0 a 100 km/h in 6.2” senza produrre emissioni. Un tempo che viene ridotto a 6.1 secondi con l’impiego invece dello stesso. Tutto questo, in buona sostanza, per demarcare un concetto che tutti noi appassionati già sapevamo, ovvero che la Porsche 918 Spyder rappresenta una delle più eclatanti pietre miliari dell’industria automobilistica globale degli ultimi anni (e di tutti i tempi), al punto da far sognare ancora oggi tutti gli amanti delle auto sportive al suo passaggio, quando osservata dal vivo o anche semplicemente quando vista in qualche video o in qualche foto. La sua eredità? In forma di esemplare unico è stata colta dalla 963 RSP, più paragonabile però alla 499P Modificata. Pertanto si può tranquillamente dire che da parte di Stoccarda si è ancora in attesa di quella degna erede (che invece è già arrivata tanto da Maranello quanto da Woking) per ricomporre – a distanza di oltre un decennio – in maniera completa la cosiddetta ‘Holy Trinity’. So: who’s next?
















































































