T. Col. Marocco, Comandante Frecce Tricolori: “il programma della P.A.N.? Un dono da conservare nel tempo!”
Abbiamo avuto il piacere di una intervista con il T. Col. Franco Marocco, Comandante delle Frecce Tricolori, che ci ha parlato della P.A.N. e di cosa significa comandare una squadra d’eccellenza come la Pattuglia Acrobatica dell’Aeronautica Militare, condividendo con noi pensieri, emozioni e ricordi
Una delle più grandi eccellenze del nostro Paese. Una delle più ammirate, delle più sentite e delle più amate. Le Frecce Tricolori (di cui vi abbiamo fatto scoprire il “dietro le quinte” del loro lavoro nel report dedicato che trovate QUI), forse meglio di qualsiasi altra cosa ci possa venire in mente, ci uniscono come popolo e ci fanno sentire ogni volta orgogliosi di essere italiani, tanto all’interno dei confini nazionali, quanto all’estero. Ma quali sono i segreti che si celano dietro questa magia? Lo chiediamo a colui che meglio di chiunque può rappresentare questa magnifica Squadra, ovvero il Comandante delle Frecce Tricolori, il Tenente Colonnello Franco Paolo Marocco.

Comandante, grazie per essere qui con noi. Ci può innanzitutto introdurre la Squadra che Lei rappresenta? Qual è il ruolo delle Frecce Tricolori e perché, secondo lei, ci affascinano e ci uniscono così tanto?
“Il ruolo delle Frecce Tricolori è, innanzitutto, quello di rappresentare professionalità e valori della nostra Forza Armata, dell’Aeronautica Militare. Ma non solo: anche rappresentare l’intero Sistema Paese e le capacità del made in Italy. Perché siamo così iconici? Anche noi ce lo chiediamo spesso. Penso che il volo delle Frecce Tricolori non sia solamente una rappresentazione visiva di quel che vediamo. Lo spettatore può cogliere di più o di meno l’aspetto tecnico in sé, perché dipende dalla propria esperienza, dalla propria capacità di discernere gli aspetti tecnici. Ma in realtà, oltre a essere una rappresentazione visiva, lo spettacolo che la Pattuglia Acrobatica Nazionale offre crea un’empatia con lo spettatore. Il che deriva da un’alchimia che proviene sì dal gesto tecnico dei piloti, quindi dei dieci aeroplani in volo, ma anche dalla narrazione del nostro speaker. E il tutto sublimato da musiche che rievocano cultura e passione italiana”.
So che l’anno scorso avete avuto modo di vivere un’esperienza particolarmente unica nel suo genere, una cosa che non capita spesso nemmeno a una Squadra tanto eccezionale quanto la vostra, ovvero il North America Tour, che vi ha impegnati per diversi mesi in Nord-America. Com’è stato viverlo? Che emozioni avete vissuto (e ha vissuto in prima persona)? E quali sono state le più grandi sfide da affrontare in una esperienza come questa?
“Sicuramente è stata una grande fortuna poter vivere da protagonista, quindi da pilota, un’esperienza come quella del North America Tour. Farlo ben 32 anni dopo l’ultima volta che le Frecce Tricolori sono state in Nord America è stato davvero un orgoglio. Già essere un pilota delle Frecce è un privilegio; poterlo fare nell’anno del 100° anniversario della nostra Forza Armata lo è stato ancora di più. Questo tour incredibile è davvero qualcosa di cui siamo grati e orgogliosi. L’aspetto più bello di questa esperienza è stato l’incredibile lavoro di squadra, non solo di questo Reparto, ma di un’intera Forza Armata: perché per muovere i 10 – che poi sono 11 – aeroplani della Pattuglia e portarli in Nord America abbiamo dovuto avere al seguito la Forza Armata, che ha messo a disposizione i propri assetti di soccorso oceanico durante la trasvolata, di supporto per il trasporto materiale e personale e anche di tutto ciò che è stata la logistica di proiezione della Forza Armata. Ogni due o tre giorni noi ci spostavamo durante questo Tour e ciò ha comportato un incredibile sforzo a livello logistico. La nostra Forza Armata era poi impegnata con altri reparti a livello internazionale in esercitazioni altrettanto importanti e quindi l’impegno profuso è stato incredibile, come incredibile è stato vedere come l’Aeronautica Militare sia riuscita a creare ciò che ha portato a questi risultati”. .
C’è stato un momento preciso di questo Tour, o della sua vita nella PAN, che le è rimasto particolarmente impresso nel cuore? Qualche aneddoto che ha voglia e piacere di condividere con noi?
“Il 1° maggio è per noi l’ultimo addestramento acrobatico. È un po’ come il giorno prima degli esami: dove un pilota arriva a dover mettere in pratica quel che ha imparato e ciò che ha costruito insieme a tutti gli altri membri della Formazione. Farlo davanti ai nostri appassionati più fedeli, che sono gli amici dei Club Frecce Tricolori, è davvero qualcosa che ogni anno ci riempie il cuore. Il 1° maggio suscita grande entusiasmo nei piloti e in tutta la squadra delle Frecce Tricolori. Per quanto riguarda invece il Tour in Nord America, a livello personale, quel che più mi è rimasto impresso di questa esperienza è stata la trasvolata oceanica: un impegno che comporta ben 8 voli per arrivare dall’altra parte del Mondo. Fatti a tappe perché il nostro aeroplano, l’MB-339 – un gioiello di ingegneria – non è equipaggiato di una sonda per il rifornimento in volo, comportando quindi la necessità di stopover in vari aeroporti per arrivare dall’altra parte. Questa è stata un’impresa incredibile già di per sé. Farlo sulle orme di chi ci ha preceduto, a 32 anni di distanza da loro, è sicuramente stato un ripercorrere la nostra storia, aggiungendo a ciò l’emozione di averne fatto parte. E poi laggiù incontrare i nostri connazionali. Magari emigrati già decenni fa in Nord America e ritrovarli lì; abbracciarli, vedere i loro occhi lucidi – magari di persone che avevano visto le Frecce 30 anni fa – e riscoprire in loro la stessa emozione, è stato qualcosa di davvero meraviglioso”.
Una delle tante peculiarità che contraddistinguono le Frecce Tricolori sta nel fatto che il membro più esperto della Pattuglia, ovvero il suo ruolo, quello del Comandante appunto, non è in volo con i 10 nel corso di un’esibizione, ma è a terra a coordinare le acrobazie dei velivoli. Ci può spiegare meglio le particolarità del suo incarico?
“Sì, come abbiamo detto, il Comandante arriva da un percorso all’interno della Formazione. E questo è un aspetto importantissimo: perché ne fa di lui il più esperto dal punto di vista del bagaglio tecnico/professionale (in termini di aspetti volativi). Il Comandante si trova a terra, collegato via radio con tutti e 10 gli aeroplani in volo e offre nell’immediato supporto e ulteriore controllo a tutti quelli che sono i parametri di sicurezza del volo. Oltre a tutti gli aspetti estetici che si possono correggere nell’immediato. A questo aspetto tecnico si aggiunge il fatto che il Comandante, avendo trascorso tanto tempo all’interno della Formazione, ne conosce le dinamiche delle interrelazioni personali: conoscendole bene può contribuire a dare qualche consiglio o a sollevare qualche aspetto che magari può essere migliorato all’interno della Formazione per perfezionare la sinergia tra tutti gli elementi del gruppo”.
A breve le Frecce Tricolori dovranno affrontare una nuova e appassionante sfida. Dopo oltre 40 anni di onorato servizio infatti, il nostro amato 339 si concederà la sua meritata pensione. Al suo posto arriverà l’M-346. Una macchina più tecnologica, più moderna, più grande e sotto alcuni aspetti anche più performante. Quali saranno secondo lei le principali sfide da fronteggiare nell’affrontare questo passaggio macchina e come si può ipotizzare che questo possa influire sul programma acrobatico e perché?
“Sì. Intanto concedetemi una piccola precisazione: noi nella nostra Forza Armata non abbiamo aeroplani giovani, meno giovani o più anziani. Vecchi o nuovi. In realtà sì, è così, anagraficamente ce l’hanno. Ma noi distinguiamo in aeroplani efficienti o non efficienti. L’aeroplano che ci ha portato a conseguire incredibili risultati, ovvero il 339 – a cui già prima facevamo riferimento – è un gioiello di ingegneria aeronautica che ha svolto il suo servizio in modo eccellente e tuttora lo svolge. Per noi transitare su un nuovo velivolo è innanzitutto una grande opportunità: perché il 346 rappresenta attualmente lo stato dell’arte dei velivoli da addestramento. Come dicevamo, è più performante, perché ha due motori e anche un’avionica molto sviluppata. Questa è un’opportunità di poter continuare nel nostro lavoro quotidiano, che ci richiede di evolverci e di continuare a dare qualcosa in più, pur rimanendo sempre attaccati alle nostre radici, alle nostre tradizioni. E quindi la grande responsabilità di adattare il programma delle Frecce Tricolori – che noi ormai consideriamo iconico – ad un nuovo velivolo: amalgamarlo e renderlo allo stesso tempo entusiasmante ed efficace dal punto di vista emotivo”.
Insieme al nuovo velivolo debutterà anche la nuova livrea delle Frecce Tricolori, a sua volta firmata da un’altra grande eccellenza italiana, ovvero Pininfarina. Ce ne vuole parlare un po’?
“Sì questa è una grande novità. Una grande opportunità che la nostra Forza Armata ha voluto per le Frecce Tricolori. Pininfarina rappresenta una realtà di eccellenza nel suo ambito: con delle linee inconfondibili, eleganti, leggere. E ha disegnato quelle che contraddistingueranno il 346 P.A.N.. Unire queste due eccellenze darà forza ad entrambe. E questo binomio porterà ancora una volta il Tricolore più bello del mondo in giro per l’Italia e per le manifestazioni aeree”.
Cosa si prova nel guidare una Squadra d’eccellenza come questa? E come si affronta una stagione acrobatica? Quali sono variabili e capisaldi di un lavoro così particolare come il vostro?
“Guidare una squadra come questa è innanzitutto un grande senso di responsabilità, a cui si arriva dopo anni di servizio in questo Reparto. L’esperienza ci aiuta ad arrivare a questo ruolo consapevoli di ciò che si è maturato, ma anche consapevoli di ciò che effettivamente sono le difficoltà e i punti delicati della nostra attività. I capisaldi del nostro lavoro risiedono nel preservare questo patrimonio: questo dono che ci viene dato dalla nostra storia di oltre 65 anni di Pattuglia Acrobatica. Conservarlo nel tempo; provare ad evolverlo e adeguarlo ai tempi, magari ad un nuovo velivolo, mantenendo però inalterate quelle che sono le caratteristiche tecniche peculiari del nostro programma e quelle che sono le caratteristiche emotive che il nostro programma suscita nello spettatore. Ecco: questo è il compito più importante che viene affidato agli interpreti di questo momento, quindi a chi, tra i piloti e tra tutti i membri di questo Reparto, vivono questa esperienza limitata nel tempo”.
SI RINGRAZIANO:
SI RINGRAZIANO INOLTRE:
FOTO COMANDANTE: IPPOLITO FOTOGRAFIE
FOTO AEREI IN VOLO: ALESSANDRO COLOMBO
FOTO 346 P.A.N.: PININFARINA
RIPRESE VIDEO: MARCO GHISETTI
MONTAGGIO VIDEO: ALESSANDRO COLOMBO
QUESTO SERVIZIO È DEDICATO ALLA MEMORIA DEL MAGG. ALESSIO GHERSI, PILOTA DELLE FRECCE TRICOLORI
“Un pilota non muore mai. Vola solo più in alto”