Quella volta che la Rossa mise le ali: la storia dell’F-104G Ferrari
4° Stormo di Grosseto, 17 settembre 1989. Quel giorno debuttò in società uno Starfighter molto particolare, l’F-104G ‘Ferrari’, Special Color dedicato alla Casa di Maranello e che lega la sua genesi alla figura di Gilles Villeneuve. Ecco la sua incredibile storia!
Ci sono miti destinati a perdurare in eterno, la cui luce non finirà di brillare mai. Miti che hanno influenzato culture, generazioni, popoli, radicandosi nell’animo delle persone, degli appassionati, sino a divenire parte integrate del loro io, instaurandosi nella parte più profonda del loro essere. E tre di questi, sono sicuramente (in particolar modo per gli italiani) il Lockheed Martin/Aeritalia F-104 “Starfighter”, la Ferrari e Gilles Villeneuve (che, nemmeno a farlo apposta e un po’ per ‘ironia’ della sorte, era soprannominato “l’aviatore” a causa del suo stile di guida aggressivo che lo portava spesso a ‘volare’ fuori dalla pista). E che per una serie di intrecci del destino – che caratterizzano le vite di noi tutti in maniera estremamente rocambolesca ed imprevedibile – finirono per legarsi tra loro in maniera indissolubilmente salda e adamantina. Ed è così che, grazie ad un sommarsi di circostanze ed eventi, arrivò a vedere la luce il protagonista della nostra storia: l’F-104G “Ferrari”, che segnò il culmine dell’intrecciarsi dei destini dei tre players poc’anzi menzionati. Tre fuoriclasse che, legandosi avvicendevolmente tra loro, culminarono in uno dei più iconici e celebrati ‘Special Color’ della nostra Aeronautica Militare. Ma come in molti casi, per comprendere bene la storia che vi stiamo andando a raccontare, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Partiamo dalla Casa di Maranello: sappiamo tutti che il simbolo del Cavallino Rampante venne donato a Enzo Ferrari dalla madre di Francesco Baracca (che lo portava come insegna sul suo aeroplano; dopo averlo a sua volta preso da un caccia tedesco da lui abbattuto e che portava le insegne di Stoccarda) con l’auspicio che gli portasse buona fortuna (un augurio andato ben oltre le più rosee aspettative a quanto pare, dal momento che Ferrari è più volte stata insignita del titolo di Brand più potente al Mondo). Poi c’è il nostro ‘aviatore’, Gilles Villeneuve. Uno dei driver più apprezzati di sempre dai ferraristi e dal Drake in persona per la sua capacità di buttare sempre il cuore oltre l’ostacolo. Uno che dava tutto. Sempre. E per questo amato come pochi. E infine l’F-104, un aereo che qua in Italia divenne il simbolo volante stesso dell’Aeronautica Militare di quegli anni. E ora andremo a capire come questi tre grandi miti finirono per legare le loro rispettive storie tra loro.

L’origine: il Cavallino del 4° Stormo Caccia sul casco di Villeneuve al GP di Monaco dell’81
Proprio questo legame tra la Ferrari e l’Aeronautica Militare entrò in gioco nel GP di Monaco del 1981, che venne vinto proprio da Villeneuve, che portò – come buon auspicio – sul casco un adesivo del 4° Stormo Caccia, che ha appunto come simbolo quello del Cavallino (che in A.M. è tutt’oggi molto caro, al punto che anche le Frecce Tricolori – qua il nostro speciale sulla Pattuglia Acrobatica Nazionale e la nostra intervista al Comandante della stessa, T.Col. Franco Paolo Marocco – hanno come nominativo radio ‘Pony’, in omaggio alla Pattuglia Acrobatica del Cavallino Rampante. Ma questa è un’altra storia ancora). Da qui la nostra ‘macchina del tempo’ ci riporta indietro fino al 21 novembre del 1981 – al termine del calendario del Mondiale di F1 di quell’anno – sull’Aeroporto di Istrana, in una giornata grigia e fredda, di quelle tipiche di fine autunno – che però, a discapito del clima, attirò a sé circa 100.000 persone (tra le quali – curiosità – figurava anche Marco Lucchinelli, neo-Campione del Mondo di Motociclismo nell’allora classe regina: la 500). Tutte accorse per vedere (su tutti, in quanto quel giorno gli F-104S del 51° Stormo si sarebbero confrontati anche con la Brabham di Nelson Piquet e Riccardo Patrese e con l’Alfa Romeo di Bruno Giacomelli) due grandissimi pesi massimi incrociare tra loro i guantoni: L’F-104 “Starfighter” (da noi conosciuto anche come ‘Spillone’) e la Ferrari 126 CK (prima F1 turbo nella storia della Rossa), che vedevano rispettivamente ai comandi il Tenente Daniele Martinelli e Gilles Villeneuve. Ovviamente entrambe le parti bramavano la vittoria.
Quella volta che la Ferrari e l’F-104 incrociarono i guantoni a Istrana
Chiaramente su una lunga distanza l’aeromobile sarebbe stato avvantaggiato (per favore della potenza nei confronti del peso), mentre su una breve distanza l’automobile sarebbe stata favorita (per via della sua leggerezza a discapito della minor potenza). Allo scopo di equilibrare la sfida (e per rendere quindi la stessa più incerta e quindi più avvincente per il pubblico) venne trovato un compromesso: poco più di un km. Che lo Spillone avrebbe dovuto coprire senza fare ricorso al post-bruciatore e senza alzarsi in volo: svantaggiando così a onor del vero il 104, che non solo dovette ridurre la manetta per non staccarsi da terra anzitempo, ma dovette anche aggravarsi di carburante extra a causa della nebbia. Dopo il traguardo l’aereo si sarebbe ovviamente alzato in volo, ma il rischio di poter atterrare su un altro aeroporto, in caso di emergenza, poteva sussistere. E da qua la necessità di avere più carburante e quindi più peso. Inoltre, per massimizzare le prestazioni della vettura – che altrimenti avrebbe avuto poche speranze contro il jet – la Ferrari venne messa in configurazione aerodinamicamente scarica: quindi senza alettoni che ne avrebbero incrementato la resistenza a discapito perciò della punta velocistica che si cercò in quell’occasione. Questa concomitanza di fattori fece sì che ad aggiudicarsi la tanto agognata vittoria alla fine di quella giornata fu la Rossa di Maranello per poco più di 16 secondi. Curiosità: al termine della giornata il driver canadese si dovette ‘travestire’ come qualcuno in servizio in Aeronautica per sfuggire indisturbato a bordo di una vettura in modo da non destare le attenzioni dei fans che altrimenti lo avrebbero ‘assalito’. Come tutti sappiamo, purtroppo, l’amatissimo pilota di F1 canadese perse poi la sfida più importante, spegnendosi l’anno dopo, in data 8 maggio 1982, in seguito ad un tragico incidente avvenuto sul circuito di Zolder, nel corso delle prove di qualificazione del GP del Belgio. Perché questa parentesi? Per comprendere meglio il ‘trascorso’ che c’era tra Villeneuve, l’F-104 “Starfighter” e la Ferrari.

E finalmente lui: il protagonista della nostra storia. L’F-104G Ferrari
A sette anni dalla scomparsa del driver canadese, il Ferrari Club Italia organizzò un raduno che andò in scena proprio sull’aeroporto di Grosseto, sede del 4° Stormo Caccia (con cui il Club aveva un gemellaggio), sia per celebrare il legame che intercorreva tra il Club e il Reparto, che per ricordare il grande Gilles. Arriviamo quindi a domenica 17 settembre 1989. Gli anni ’80 stavano per concludersi, e con loro finiva un’epoca fatta di una musica indimenticabile, di film che sono entrati nella storia del cinema e in cui tutto era indubbiamente più ‘leggero’ e autentico. Ma torniamo a noi. Grazie anche alla geniale volontà dell’ex Comandante di Stormo, Colonnello Domenico Mazza, si arrivò a quando il protagonista del nostro racconto vide finalmente la luce nel suo debutto in società. Realizzato dagli Specialisti del 4° RMV (Reparto Manutenzione Velivoli) l’F-104 “Ferrari” (che trovò la sua base nella versione G) venne presentato nell’hangar del 20° Gruppo in occasione di una cerimonia ufficiale andata in scena alla presenza del Presidente del Club, Sergio Cassano, della Signora Joann Barthe Villeneuve, moglie di Gilles Villeneuve, dell’ing. Franco Gozzi insieme ad una delegazione di dirigenti e collaudatori della Scuderia Ferrari, nonché delle massime autorità civili e militari della Provincia di Grosseto, una rappresentanza dello Stato Maggiore Aeronautica e un folto numero di soci del Ferrari Club Italia. Impossibile non cogliere subito il rimando alla Rossa di Maranello: il colore adottato per questo ‘Special Color’ era appunto il rosso Ferrari, che svettava su tutto l’aeroplano, il quale metteva in mostra anche il Cavallino del 4° Stormo in coda, il Cavallino su fondo giallo della Ferrari ai lati delle prese d’aria e i codici 4-27 sui fianchi a lato cockpit, che rimandavano appunto al 4° Stormo Caccia (il 4) e al numero di gara di Villeneuve (il 27). Quel giorno la base di Grosseto venne inoltre popolata da un centinaio di vetture dal Brand modenese (di proprietà dei soci del Club) e rappresentate da diversi modelli, tra cui tre esemplari della mitica F40 (l’ultima voluta dal Drake e praticamente l’auto dei sogni di tutti gli appassionati in quel momento (ma non solo di quel momento a onor del vero) e un esemplare della leggendaria Testarossa (il cui nome è stato ripreso di recente con la 849), queste ultime messe a disposizione dalla Casa di Maranello e con al seguito i relativi collaudatori (in quanto si trattava di vetture normalmente impiegate nel corso dei test). Quel pomeriggio l’aeroporto venne poi aperto al grande pubblico per regalare a quest’ultimo un grande spettacolo, composto da vetture in esposizione statica e da gare di velocità tra F40 e Testarossa, con la partecipazione del T.Col. Pil. Franco Girardi (Comandante del IX Gruppo); dell T.Col. Pil. Carlo Marsilli (Comandante del 20° Gruppo) e del T.Col. Pil. Benedetto Testa (Capo Ufficio Operazioni dello Stormo) – che vennero fiancheggiati dai collaudatori di Maranello – e che andò in scena lungo le taxiway. Gli equipaggi ebbero a disposizione tre giri a testa per ‘strappare’ il miglior tempo e vincere quindi la gara, che venne aggiudicata dal T.Col. Pil. Benedetto Testa, il quale venne poi premiato alla Signora Villeneuve in persona. Una chicca: a quella cerimonia era presente anche Jacques Villeneuve, figlio di Gilles e futuro Campione del Mondo di Formula 1 nel 1997, del Campionato CART nel 1995 e della 500 Miglia di Indianapolis, sempre nel 1995. Prese parte anche a due edizioni della mitica 24 Ore di Le Mans, ottenendo come miglior risultato il secondo posto e sfiorando così l’ambitissima Triple Crown (Mondiale di F1, 24 Ore di Le Mans, 500 Miglia di Indianapolis). Alla fine di quella giornata i collaudatori Ferrari regalarono ulteriore spettacolo al pubblico presente.
Un po’ di storia: l’F-104G
Abbiamo parlato dei protagonisti umani di questa storia. Impossibile però, nel corso di un racconto che vede al suo centro – su tutte – due macchine straordinarie come l’F-104G “Starfighter” (che funse da ‘base’ per lo Special Color dedicato alla Rossa di Maranello) e la Ferrari 126 CK (co-protagonista invece della sfida di Istrana con lo Spillone dell’A.M.) non spendere qualche parola anche sulla tecnica di queste due meravigliose macchine. Partiamo proprio dal protagonista assoluto del nostro racconto. Lo Starfighter (progettato dalla Lockheed-Martin ma da noi costruito su licenza da FIAT/Aeritalia in oltre 100 unità) per noi italiani è stato molto di più che un semplice aereo da caccia di seconda generazione. È stato la spina dorsale della nostra difesa aerea per oltre 40 anni (il suo primo volo – negli USA – avvenne in data 4 marzo 1954 ed entrò in servizio il 20 febbraio del 1958. Ma da noi rimase in servizio fino al 2004, quando – dopo essere stato più volte aggiornato – cedette il suo posto in linea all’Eurofighter Typhoon). Il “cacciatore di stelle” della cosiddetta ‘Century Series’ nacque come intercettore con lo scopo di volare velocissimo a quote altissime. E ci riusciva alla grande. Con il tempo venne poi adattato anche ad altri tipi di impieghi (ricognizione, attacco al suolo e via discorrendo), ma la sua vera vocazione rimaneva evidente. Era un aereo che voleva andare veloce. Velocissimo. E noi italiani ne elevammo il suo volo allo stato dell’arte, poiché imparammo ad usarlo praticamente meglio di chiunque al mondo. Pertanto lo ‘Spillone’ da noi non rimase più un semplice aereo da caccia: divenne un vero e proprio mito, un culto quasi religioso tra gli appassionati di aeronautica, al punto che quando questo tornò a volare nei nostri cieli – a quasi 20 anni di distanza dall’ultimo volo in Italia – in occasione del Centenario dell’Arma Azzurra (mediante un velivolo – TF-104 – che viene impiegato tutt’oggi da una Compagnia privata) gli appassionati accorsero a Pratica di Mare (e a Grosseto, dove arrivò inizialmente) anche – e molti, forse, soprattutto – per vedere lui di nuovo lì nel suo elemento naturale e non fermo a terra in un museo. Per ascoltarne di nuovo il suo caratteristico ‘ululato’ (il motore General Electric J-79 che lo spingeva aveva i coni d’aspirazione a geometria variabile, che contribuivano a generarne il suo rumore caratteristico) e per osservare di nuovo la sua tipica fumata nera. Ma soprattutto per vederlo sfrecciare più veloce che mai. Per vederlo lì, di nuovo ‘vivo’. E a dare vita all’F-104 era appunto, sopra ogni cosa, il suo appena menzionato motore (che veniva impiegato anche per muovere l’F-4 Phantom II, il B-58 Hustler, l’A-5 Vigilante e l’IAI Kfir): un turbogetto con compressore assiale a 17 stadi e con turbina a 3 stadi da 52.8 Kn di potenza; un valore che saliva a 79.62 Kn con post-bruciatore inserito (capite quindi quanto, nella sfida con Villeneuve, impossibilitato ad accenderlo, lo Starfigher venne a conti fatti penalizzato) e con un rapporto di compressione di 13.5:1. Questo cuore pulsante permetteva al “guerriero delle stelle” (o “cacciatore di stelle”, che dir si voglia) di raggiungere una velocità massima di Mach 2.2. Lo Spillone era lungo 16.69 metri, era alto 4.11 metri e aveva un’apertura alare di 6.68 metri (le sue semiali inoltre erano molto corte e sottili – proprio per generare poca resistenza e massimizzare la punta velocistica, tant’è che il 104 veniva anche definito ‘missile con le ali’ – e caratterizzate da un elevato diedro negativo), nonché una superficie alare di 18.22 mq. Il velivolo pesava a vuoto 6.348 kg e arrivava a un totale di 9.362 kg. Il tutto per un’autonomia di 2.625 km.
Un po’ di storia: la Ferrari 126 CK
La Ferrari 126 CK fu invece la vettura con la quale la Scuderia Ferrari corse la stagione di Formula 1 del 1981. In quel di Maranello si tardò a scendere in pista col motore turbo, sia per sfruttare appieno le possibilità dell’aspirato, quanto per fare una sperimentazione anche con un altro tipo di compressore: il Comprex (che ha dato origine alla vettura con la sigla 126 CX). Questo dispositivo, interessante sul piano teorico, si è rivelato di non facile messa a punto per le esigenze di un motore da corsa. È stato quindi poi abbandonato e la sola monoposto con compressori turbo rimase la 126 C (questo fino all’avvento delle F1 moderne con cuore V6 turbocompresso e ibrido). Il motore V6 da 120° era del tutto diverso dal 12 cilindri aspirato (molto più corto e stretto) e ha richiesto la progettazione di una vettura completamente nuova che conservava i grandi cassoni laterali, che contenevano qui anche gli scambiatori di calore per l’aria compressa destinata al motore. Le sospensioni anteriori erano tradizionali, con la pinna superiore a bilanciere che azionava la molla interna, mentre quelle posteriori erano quadrilateri con bracci regolabili. Partito Scheckter, accanto a Gilles Villeneuve c’è un giovane francese, Didier Pironi. Il canadese conquistò due successi, a Monte-Carlo e a Jarama, confermandosi pilota di grande talento. Mancava però ancora l’affidabilità e ciò impedì alla Ferrari e ai suoi piloti di inserirsi in una lotta per il titolo molto serrata che, quell’anno, vide spuntarla – all’ultima gara – il brasiliano Nelson Piquet. Progettata da Mauro Forghieri, trae il suo nome dalla combinazione dell’architettura del motore, 6 cilindri a V di 120° (126) e dalle turbine Kühnle, Kopp & Kausch (K), mentre la C indica: competizione. Il telaio era una monoscocca con struttura in lega leggera e pannelli di alluminio. Come detto, sfruttava sospensioni anteriori indipendenti, con quadrilateri trasversali, molle elicoidali coassiali e con ammortizzatori telescopici entrobordo e barra stabilizzatrice. Le sospensioni posteriori erano a loro volta indipendenti, con quadrilateri trasversali, molle elicoidali coassiali con ammortizzatori telescopici entrobordo e barra stabilizzatrice. Il cambio era un 5/6 rapporti + R. Lo sterzo era a pignone e cremagliera. La vettura imbarcava a bordo fino a 210 litri di carburante. Il suo cuore pulsante era montato in posizione posteriore longitudinale, misurava 1.496,43 cc, presentava misure di alesaggio e corsa di 81×48.4 mm e vantava un rapporto di compressione di 6.5:1. Questa unità sviluppava una potenza massima di 540 CV a 11.000 giri/min, per una potenza specifica di 361 CV/l. La distribuzione era bialbero, con 4 valvole per cilindro, mentre la lubrificazione era a carter secco con frizione multidisco. Il peso? Soli 600 kg con acqua e olio!

Present day: l’F-104G Ferrari oggi è a Maranello
Ma torniamo all’F-104G Ferrari. Cosa ne fu quindi poi del protagonista della nostra storia? Bhè, l’F-104G “Starfighter” Ferrari venne donato proprio alla Casa di Maranello, a suggellare il saldo legame che unisce a doppio filo la nostra Aeronautica Militare con una delle massime eccellenze del nostro Paese. Oggi? Oggi lo Spillone di rosso vestito fa bella mostra di sé all’interno della pista di Fiorano, il leggendario tracciato su cui vengono sviluppate tutte le vetture – sportive e stradali – della Casa di Maranello, ed accoglie così tutti gli appassionati (e gli addetti ai lavori) che hanno la fortuna di poterne varcare la soglia, ricordandoci l’importanza, nella vita, di puntare sempre alle stelle!
SI RINGRAZIANO:
AERONAUTICA MILITARE; ASSOCIAZIONE 4° STORMO GORIZIA; ALDO FASSARI















































