Porsche-Mooney PFM 3200 [RETROSPETTIVA]: quando il motore della 911 mise le ali
Questa è la storia di un sogno che puntava a unire strada e cielo in un sol corpo tramite un progetto d’avanguardia che sfidò la gravità. È la storia del Porsche-Mooney PFM 3200
Ci sono storie di ingegneria che sembrano nate per cambiare le regole del gioco, progetti ambiziosi e dirompenti ma che, spesso, si rivelano troppo in anticipo sui tempi o troppo complessi per avere successo. Porsche, da sempre sinonimo di ingegneria di precisione e ricerca della perfezione meccanica, negli anni ottanta decise di puntare gli occhi oltre l’asfalto, oltre i cordoli delle piste. Il suo obiettivo? Le nuvole. Vi presentiamo la Porsche dei cieli, il Porsche-Mooney PFM 3200.

DALLA STRADA AL CIELO
L’idea alla base del progetto era semplice e ambiziosa: utilizzare il motore della Porsche 911 e adattarlo per l’impiego su un aereo. E così, dalla stessa mente che aveva affinato il leggendario flat-six 3.2, che aveva dominato sui circuiti di tutto il mondo, nacque un motore pensato per le nuvole: il PFM 3200 (Porsche-Flugmotor, motore aeronautico Porsche), un motore boxer a sei cilindri raffreddato ad aria, capace di erogare 217 cavalli. A credere nel progetto fu Mooney, storica azienda americana specializzata in aerei leggeri ad alte prestazioni: il connubio era perfetto. Il suo celebre Mooney M20, incarnazione dell’efficienza aerodinamica, venne modificato per accogliere il nuovo motore. Nacque così il Mooney PFM 3200, l’aereo che portava nel cielo il cuore di una 911.
Le soluzioni proposte dalla Casa di Stoccarda erano all’avanguardia, tra le quali va ricordata l’implementazione di un’elica a passo variabile a controllo automatico, che eliminava la necessità per il pilota di regolare il passo, come invece avveniva nei motori aeronautici tradizionali. La fusoliera venne allungata, conferendo all’aereo una resa particolarmente elegante rispetto al design originale del M20. Il Mooney PFM3200 sfoggiava il marchio Porsche sulla fusoliera, un dettaglio che lo rendeva immediatamente riconoscibile e desiderato. Le scritte erano posizionate lungo la carenatura del motore e della deriva, sottolineando l’anima sportiva, ma allo stesso tempo elegante, di questo velivolo.
Se il mondo fosse governato dalla logica del progresso tecnologico e ingegneristico, il Mooney PFM sarebbe stato un successo. Era silenzioso, fluido e facile da gestire rispetto ad altri collaudati motori che dominavano l’aviazione privata. Eppure, in un settore rigoroso come quello aeronautico, la scelta ricadeva naturalmente su motori collaudati e affidabili, capaci di garantire prestazioni costanti e sicurezza in ogni condizione. Il Mooney PFM incarnava una promessa di innovazione, risultando però più costoso, più pesante e meno potente dei motori Continental e Lycoming che puntava a sostituire. Questa sfiducia, unita alla difficoltà di imporsi in un settore di nicchia, portò inevitabilmente alla chiusura del progetto all’inizio degli anni ’90, con soli 41 esemplari prodotti.

EREDITÀ DI UN SOGNO
Il Porsche-Mooney PFM 3200 è ancora oggi un simbolo di innovazione incompresa, rappresentazione di un’epoca in cui era possibile guardare oltre i confini prestabiliti e trovare spazio altrove, anche tra le nuvole. Gli ultimi cinque esemplari efficienti al mondo sono reliquie da collezione, pezzi di un sogno che non si è mai realizzato fino in fondo. Tuttavia, il vero fallimento non è un progetto che non decolla, bensì un sogno che non si prova nemmeno a realizzare. E chissà che un giorno Porsche non possa tornare a inseguire quel sogno, perché certe idee non muoiono mai, ma restano in attesa del momento giusto per spiccare il volo.
FOTO: Felix Groteloh via Porsche Media Center